Il 12 dicembre 1969, a Milano in Piazza Fontana, mani fasciste chiamate dallo Stato uccisero 17 persone ferendone 88. Questo fu il primo atto della cosiddetta “strategia della tensione” volta a far cessare, con il ter-rore, le forti mobilitazioni operaie e studentesche del periodo. Contemporaneamente tre ordigni esplosero a Roma (16 feriti) e un altro venne ritrovato inesploso a Milano. Seguirono le bombe di Brescia nel ’74 (8 morti), quella al treno Italicus sempre nel ’74 (12 morti) e l’ultima alla Stazione di Bologna nell’80 (85 mor-ti). In vari attacchi i poliziotti della Uno Bianca uccisero 24 persone tra l’87 e il ’94 in Emilia Romagna.
Mentre i responsabili materiali ed i mandanti della strage, benché individuati, non sono mai stati realmente perseguiti, a rimetterci la vita fu Giueppe “Pino” Pinelli, ferroviere anarchico, gettato giù dalla finestra della questura. Le anarchiche e gli anarchici si portarono dietro per lungo tempo il marchio infame di stragisti come, per altro, son costantemente costretti a rigettarlo adesso, periodo in cui vengono inquisiti per strage ad ogni attacco mirato (vedi inchiesta “Scripta Manent” o quella per un’esplosione davanti ad una sede della LEGA).Fra il 7 ed il 10 marzo 2020, mentre fuori dalle mura delle prigioni dilagava la paura del virus Covid19 e il governo imponeva a tutta la popolazione l’obbligo di restare a casa, i detenuti di tutta Italia hanno fatto sentire con forza la propria voce per avere tutele e garanzie sulla salute.
Queste rivolte sono state uno tra i momenti più accesi di protesta dentro le prigioni italiane negli ultimi 40 anni. Battiture, scioperi di varia natura, danneggiamenti, tentativi di evasione hanno costretto lo Stato a prendere atto del fatto che anche in prigione il rischio del contagio fossero un problema percepito.
A fronte di tutto ciò le misure prese sono state sistematici pestaggi, ulteriori chiusure, trasferimenti, pesanti denunce per chi si è ribellato. Questo in aggiunta al blocco dei colloqui con parenti e inutili provvedimenti per mandare ai domiciliari chi già avrebbe potuto accedere a misure alternative alla detenzione. Di questi, infatti, pochissimi ultrasettantenni che dovevano scontare meno di tre anni hanno avuto due mesi di domiciliari. Si è reso evidente come, per lo Stato, la popolazione detenuta sia assolutamente sacrificabile. Ugualmente adesso, nella seconda ondata di pandemia, la popolazione carceraria è stata contagiata dalla polizia penitenziaria: più di 2000 casi. Di queste mancanze, oltre che le varie amministrazioni carcerarie, sono responsabili anche le Asl competenti per la sfera sanitaria in prigione.
Le rivolte di marzo hanno visto 14 vittime che lo Stato si è affrettato a dichiarare morti per overdose di farmaci. Ma dalle inchieste e dalle lettere dei detenuti è emerso che nel carcere di Modena, dove si sono contati 9 morti, le forze speciali hanno sparato su persone rinchiuse che non potevano scappare; i loro corpi sono poi stati velocemente cremati. Inoltre 4 detenuti, feriti e sedati, sono morti durante i trasferimenti.
Attualmente i detenuti, stremati dalla repressione di questa primavera, non rinunciano comunque a mettere in campo azioni di protesta: battiture, rifiuto di rientrare dai passeggi e del cibo distribuito dal carrello, scioperi della fame perché le disposizioni emanate dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal ministro della Giustizia sono la fotocopia di quelle di marzo.
I detenuti trasferiti ad Ascoli dopo la rivolta di Modena, hanno inviato esposti alla procura della repubblica sulla morte del loro compagno di detenzione Salvatore Piscitelli, mancato durante il trasferimento. Per ritorsione ieri sono stati riportati a Modena, a vedersela di nuovo con i loro aguzzini.
Ci sembra importante ora più che mai rompere il muro di silenzio e isolamento che avvolge le prigioni, perché sia chiaro che l’unica sicurezza è la libertà e che, di nuovo, ci troviamo davanti ad una strage di stato che, questa volta, potremmo fermare. Come, d’altra parte, nella sanità, scuola, magazzini della logistica, trasporti,…………
Vengono tagliate sempre di più le spese per la sanità e aumentate quelle militari, e intanto i morti per
Covid-19 sono più di 50.000.
Sono ben 35 le operazioni militari che portano morte, devastazione, oppressione e saccheggio delle risorse (in una parola: Guerra) in 25 Paesi del mondo. Ma vengono chiusi i porti per chi scappa da questi posti, co-stringendo a morire di stenti o annegando migliaia di persone nel Mediterraneo.
Ogni giorno più di 3 persone muoiono di lavoro. Ogni settimana circa 2 donne (il doppio durante il Lockdown), sono vittime del patriarcato.