(Dic-2017) Benetton: united colors of capitalism

Benetton, nota azienda trevigiana, come tutte le  multinazionali attua un processo di trasformazione teso ad aumentare la propria competitività a livello internazionale e alla creazione di maggior profitto, cosa che significa la delocalizzazione della produzione in paesi con manodopera a basso costo. Non si contano neanche più le testimonianze degli operai e delle operaie costretti a lavorare in queste galere chiamate fabbriche, con stipendi da fame e condizioni lavorative al limite della sopravvivenza.

Di fatto, a differenza di alcuni suoi esponenti politici che vogliono chiudere i confini all’immigrazione, il capitalismo non conosce frontiere.

Benetton con sede a Ponzano Veneto, produce ed esporta i suoi prodotti in tutto il mondo e, mentre sui giornali si disquisisce di un ritorno alla produzione made in Italy di qualche maglioncino, di fatto si continua a perpetuare la stessa politica, a sfruttare gli operai delle proprie fabbriche e gli animali che forniscono le materie prime, ad usurpare terre e, se necessario, ad uccidere le popolazioni che le abitano.

Questo sta accadendo in Argentina dove Benetton, a partire dagli anni 90, ha acquistato per 50 mila dollari ben 900mila ettari di terre compresi fra Argentina, Cile e Patagonia, strappandole ai suoi abitanti, i Mapuche. ‘‘Nelle terre di Benetton vengono allevati 260 mila capi di bestiame, tra pecore e montoni, che producono circa 1 milione 300 mila chili di lana all’anno i quali sono interamente esportati in Europa. Nello stesso terreno sono allevati 16 mila bovini destinati al macello.

L’impresa italiana investe 80 milioni di dollari in diverse attività, tra cui l’installazione di commissariati per il controllo della zona, la realizzazione di una stazione turistica e l’apertura del Museo Leleque.’’ (da Rete solidarietà rivoluzione bolivariana, Centro documentazione conflitti ambientali, Compagnia terras per il sud argentino…)

Il popolo Mapuche è in lotta per rivendicare la propria identità legata alla terra ancestrale (mapu = terra, che = popolo), le lotte sono spesso represse nel sangue o con numerosi arresti (attualmente sono 35 i detenuti politici mapuche, alcuni con condanne fino ai 15 anni).

Recentemente è stato ammazzato Santiago Maldonado, che, durante la resistenza ad uno sgombero, è stato sequestrato dalla gendarmeria argentina nei pressi del fiume Chubut, dove il suo corpo senza vita è stato ritrovato dopo 78 giorni dalla sua scomparsa.

Nelle stesse ore in cui si svolgeva il funerale di Santiago, la polizia argentina ha attaccato una comunità mapuche nei pressi di villa Mascardi, un parco a pochi chilometri da Bariloche, dove multinazionali ed imprese argentine stanno avviando la costruzione di megaimpianti turistici e attività legate all’estrazione mineraria e petrolifera. In questa occasione è stato ucciso a colpi di arma da fuoco Raphael Nauhel, mentre un uomo e una donna sono stati gravemente feriti dalle pallottole della stessa polizia argentina.

La gendarmeria dello stato argentino riserva lo stesso trattamento anche a tutti  i lavoratori in lotta: l’8 dicembre ha fatto irruzione, armi alla mano, nella fabbrica di legnami MAM (Maderas al Mundo) della provincia di Neuquén, fabbrica occupata da cinque mesi dagli operai in seguito al licenziamento di 97 dipendenti. Il 14 dicembre migliaia di persone hanno assediato il parlamento per contrastare la riforma delle pensioni con la quale Macri vuole coprire parte dell’indebitamento del suo governo. 40 arresti e cento feriti. La manifestazione si è ripetuta il 18 dicembre: 80 fermi e centinaia di feriti.

Intanto proprio qui a Genova, nei giorni scorsi, si sono svolte le riprese del film “Amor y anarquia”, diretto da Agustina Macri, figlia dello stesso presidente. Un film che pretenderebbe di raccontare la storia di due compagni anarchici, Sole e Baleno, morti suicidi, mentre erano reclusi, in Italia, per aver combattuto contro la devastazione e lo sfruttamento dei territori che il capitale, del quale il signor Benetton è un degno paladino, porta avanti in tutto il mondo in nome del profitto.

Compagne e compagni genovesi

Published by grimaldello

dall'aprile 2006, nel cuore del centro storico di genova LA NOSTRA POSIZIONE E' QUELLA DI COMBATTENTI TRA DUE MONDI: UNO CHE NON RICONOSCIAMO, L'ALTRO CHE NON ESISTE ANCORA. OCCORRE FAR PRECIPITARE IL LORO SCONTRO, AFFRETTARE LA FINE DI UN MONDO, CONTRIBUIRE ALLA CRISI IN CUI RICONOSCERE I NOSTRI AMICI. "IL GRIMALDELLO" E' PENSATO PER QUESTO, UNO SPAZIO DOVE PROVARE A SCARDINARE LA PASSIVITA' E L'ALIENAZIONE A CUI IL CAPITALISMO CI COSTRINGE NEL QUOTIDIANO.