1917 – Risposta al Manifesto dei Sedici

Son quasi trascorsi due anni dall’inizio di questa terribile guerra, una guerra quale l’umanità non aveva mai sperimentato, cui si debbono milioni di tombe senza nome, milioni di storpi, milioni di vedove e di orfani. Beni per un valore di miliardi, prodotto di lunghi anni di umana fatica, sono stati gettati alle fiamme, inghiottiti da un abisso senza fondo. Un inumano dolore, sofferenze terribili, una profonda disperazione per l’umanità – eccone il risultato.

Ora, quando ovunque si odono grida di disperazione – “Basta spargimenti di sangue! Basta distruzioni!” – guardiamo con grande tristezza a quelli che un tempo erano i nostri compagni, P. Kropotkin, J. Grave, C. Cornelissen, P. Reclus, C. Malato ed altri anarchici e antimilitaristi che nel loro recente manifesto hanno dichiarato: “No, c’è stato ben poco spargimento di sangue, poca distruzione. È troppo presto per parlare di pace!”.

In nome di quali princìpi, a quale scopo pensano sia possibile proclamare la necessità del fratricidio? Che cosa ha portato questi fervidi partigiani della pace a sostenere il conflitto armato? Non riusciamo a capirlo, poiché, leggendo il loro manifesto, colpisce lo squallore di quell’idea nel cui nome chiedono che la guerra continui fino in fondo.

Gli autori del manifesto dichiarano che la colpa del conflitto è da attribuire alla Germania, che mira ad annettersi il Belgio e i dipartimenti settentrionali della Francia e ha richiesto a quest’ultima pesanti indennizzi e intende, in futuro, sottrarle le colonie. Essi biasimano il popolo tedesco per aver obbedito al governo e dichiarano che, fin quando la Germania non rifiuterà i progetti di conquista dei suoi governanti, non si può parlare di pace. In tutto il manifesto è chiaro l’atteggiamento parziale nei confronti dell’Intesa. E questa parzialità, originata da una grossolana sopravvalutazione della dubbia superiorità dei regimi democratici, ha inevitabilmente portato gli autori del manifesto a non parlare di molte cose che hanno seriamente compromesso le potenze alleate, ad applicare criteri diversi nel valutare le medesime azioni intraprese dai belligeranti, infine a confondere i desideri del popolo con quelli del governo di cui erano schiavi.

I firmatari del manifesto considerano il governo germanico come il maggior responsabile del conflitto. Ma non è un segreto che tutte le grandi potenze si stavano preparando già da tempo a una guerra europea. E non a una semplice guerra di difesa, non solo per proteggersi da un’invasione tedesca. Si preparavano, piuttosto, a una guerra di conquista, alla conquista di un nuovo territorio o alla dominazione economica degli Stati confinanti. L’aver ragione della Germania come rivale sui mari non è forse da sempre il sogno dell’Inghilterra? E non è ormai di pubblico dominio il desiderio della Russia di esercitare la propria sovranità sulle rive del Bosforo? Forse che la Russia non guarda con occhio famelico alla Galizia? Ed è forse tramontato il sogno della Francia di divenire una grande potenza coloniale?

Tutti gli Stati si stavano preparando alla guerra. E se questa non scoppiò prima del 1914, fu solo perché il canale di Kill, in Germania, non era stato ancora allargato, non era stata ancora completata la costruzione della flotta inglese, l’esercito francese non era ancora perfezionato e in Russia non erano ancora state create nuove divisioni. E se, grazie alle loro capacità organizzative, i pirati coronati della Germania sono riusciti a prepararsi prima degli altri e prima degli altri hanno deciso di dare l’Europa alle fiamme, questo non diminuisce in alcun modo la responsabilità morale dei pirati coronati dell’Inghilterra, della Russia e delle altre nazioni per l’alto numero delle vittime sacrificate sull’altare del militarismo.

Gli autori del manifesto protestano contro la possibile annessione alla Germania dei territori occupati senza il consenso delle popolazioni indigene. Ma perché non hanno protestato per l’annessione dell’Egitto, che l’Inghilterra aveva già effettuato nel corso del conflitto senza il consenso della popolazione egiziana? Perché non hanno stampato un manifesto che incitasse i lavoratori ad insorgere contro l’Inghilterra schiavista? Non è forse perché un atto del genere toglierebbe il tappeto da sotto i piedi di questi anarco-militaristi? Non sarebbero costretti a dire chiaramente che questa guerra è una guerra tra due gruppi di predatori ugualmente nemici della libertà? Gli autori del manifesto sono sicuri che parlare di pace in questo momento significherebbe incoraggiare i progetti della fazione belligerante germanica, che comprendevano l’invasione delle nazioni limitrofe, invasione che compromette ogni speranza di liberazione e di progresso umano. Noi invece crediamo che non l’invasione germanica, ma la guerra in sé, di cui sono parimenti responsabili tutte le nazioni che vi prendono parte direttamente o indirettamente, costituisca una minaccia per ogni speranza di liberazione e di umano progresso. E noi esortiamo il popolo a lottare non solo contro il governo germanico, ma a insorgere contro tutti coloro che vogliono farlo schiavo. Salutiamo con gioia la dimostrazione delle donne di fronte all’edificio del Reichstag per difendere la pace e il pane. Tutto ciò che è sano e puro si è manifestato in queste seppur flebili proteste. Chiamiamo i lavoratori di ogni paese a una tempestosa protesta, a una sollevazione popolare, perché solo con questi mezzi possiamo sperare di rigenerare l’umanità, e non continuando la guerra. Gli autori del manifesto chiamano alla rivolta solo il popolo germanico e, nel contempo, chiamano il popolo degli Stati alleati alle trincee. Siano pure coerenti e rifiutino ad un tempo l’antimilitarismo e la rivoluzione. Perché l’antimilitarismo in Francia o i fermenti rivoluzionari in Russia o in Inghilterra non faranno che favorire la Germania. E qualsiasi forma di antimilitarismo o rivoluzione al di fuori della Germania favorirà i disegni della nazione germanica. Tuttavia, questo è precisamente ciò che Kropotkin ha fatto. Con orrore abbiamo scoperto che anche prima della guerra era contrario alla lotta contro la legge che stabiliva tre anni di servizio militare obbligatorio in Francia.

Ma gli autori del manifesto non riescono veramente a capire che non solo in questa, ma in tutte le guerre si può trovare – in un senso puramente formale – una percentuale di colpa presumibilmente più o meno grande di democrazia? Così si appelleranno sempre al meno colpevole per difendersi; rimarranno sempre schiavi del vergognoso slogan: “Fabbricate i cannoni e rimetteteli al loro posto!”. Anche adesso mentre passano da frasi generiche sul progresso e sulla minaccia germanica a dichiarazioni concrete sulle possibili conseguenze di una vittoria tedesca, temono solo che la Germania si impadronisca delle colonie francesi e, per mezzo di accordi commerciali, riduca la sua vicina ad una soggezione in campo economico. E dopo tutto ciò, Kropotkin e gli altri autori del manifesto si dichiarano ancora anarchici e antimilitaristi! Chi esorta il popolo alla guerra non può essere né anarchico, né antimilitarista.

Essi difendono una causa estranea ai lavoratori. Essi vorrebbero mandare i lavoratori al fronte non in nome della loro emancipazione, ma per la gloria del capitalismo nazionale progressivo e dello Stato. Vorrebbero distruggere lo spirito dell’anarchia e gettarne i resti ai servi del militarismo.

Noi, però, rimaniamo al nostro posto. Esortiamo i lavoratori di tutto il mondo ad attaccare i loro nemici più prossimi, chiunque siano i loro leader – l’imperatore di Germania o il sultano turco, lo zar russo o il presidente francese. Sappiamo che quando si tratta di corrompere la volontà e la coscienza dei lavoratori, la democrazia e l’autocrazia non sono seconde l’una all’altra. Non facciamo alcuna distinzione tra guerre accettabili e inaccettabili. Per noi, esiste un solo tipo di guerra, la guerra sociale contro il capitalismo e i suoi difensori. E ripetiamo i nostri slogan, che gli autori del vergognoso manifesto hanno rinnegato: Abbasso la guerra!

Abbasso il potere dell’Autorità e del Capitale! Viva la fratellanza del popolo libero!

Gruppo degli Anarchici Comunisti di Ginevra

[Otvet, in “Put’k Svobode”, Ginevra, maggio 1917, pp. 10-11]

Published by grimaldello

dall'aprile 2006, nel cuore del centro storico di genova LA NOSTRA POSIZIONE E' QUELLA DI COMBATTENTI TRA DUE MONDI: UNO CHE NON RICONOSCIAMO, L'ALTRO CHE NON ESISTE ANCORA. OCCORRE FAR PRECIPITARE IL LORO SCONTRO, AFFRETTARE LA FINE DI UN MONDO, CONTRIBUIRE ALLA CRISI IN CUI RICONOSCERE I NOSTRI AMICI. "IL GRIMALDELLO" E' PENSATO PER QUESTO, UNO SPAZIO DOVE PROVARE A SCARDINARE LA PASSIVITA' E L'ALIENAZIONE A CUI IL CAPITALISMO CI COSTRINGE NEL QUOTIDIANO.