30 GIUGNO 1960 – 30 GIUGNO 2019

Il 30 GIUGNO 1960 non è stato determinato solo dalla volontà di impedire un comizio fascista per onorare la memoria della resistenza. In quelle giornate di rivolta, è stato evidente il rifiuto del sistema capitalista e delle direttive di un partito, il PCI, che nulla aveva fatto per impedire il riciclo della dittatura fascista, sacrificando qualsiasi ideale di libertà per entrare negli ingranaggi del potere.

Le camionette rovesciate, i poliziotti scaraventati nella fontana di De Ferrari, mezzo milione di persone mobilitate, le barricate, le molotov preparate dai ragazzi con le magliette a strisce, le armi dissotterrate dai partigiani segnarono, in quella data, un prosieguo del periodo dei grandi scioperi in tutta Italia, scioperi ai quali nemmeno le numerose morti posero fine. Le forze reazionarie e riformiste si mossero per impedire che quel clima di rivolta si trasformasse in un movimento di cambiamento e di rivoluzione.

Ma il 30 Giugno ’60 non è poi così lontano. Quelle stesse forze politiche, che ieri volevano “disarmare” la piazza e che oggi per riconquistare voti si ergono paladini degli sfruttati, hanno da sempre un ruolo ben preciso: convogliare il consenso e gestire il “dissenso”. Se il 30 giugno ’60 fu il PCI con l’ANPI ad invitare tutti a tornare a casa, dopo il G8 del 2001, fu lo schieramento politico riferito al Genoa Social Forum ad adoperarsi nell’individuare i rivoltosi come i veri agenti provocatori della sanguinosa repressione. Ancora oggi sono partiti revisionisti come il PD (che cavalcano l’anti-fascismo nel tentativo di trovare una nuova credibilità e di crearsi uno spazio di piazza) e i sindacati strumenti di legalità padronali come la FIOM, i primi a criminalizzare chi scende nelle strade per lottare concretamente e resistere con efficacia ai continui attacchi del potere.

L’attuale situazione di conflitto sociale, quindi, non è un casuale momento di inasprimento. Da una parte l’esasperante alienazione, determinata da una società capitalista regolata da lavoro (sfruttamento) e consumo, esplode ed implode in risentimenti isolati; dall’altra lo Stato risponde con ulteriore violenza, schierando sempre più squadre di polizia armata con dotazioni sempre più tecnologiche, come il taser (vedi la morte Jefferson Tomalà, 10 giugno 2018).

Lo sdoganamento della retorica fascista non nasce ora, ha origini ben più profonde che travalicano i vari schieramenti politici. Da sempre le  istituzioni e rappresentanti dello Stato hanno perpetrato, con preoccupante ma non casuale costanza, questo meccanismo che di fatto ha incentivato azioni squadriste, pallottole facili, e sit-in pre-elettorali da una parte e dall’altra ha gettato i prodromi per la “giustificazione” sociale di  decreti sicurezza sempre più deliranti, volti alla difesa della proprietà privata che di fatto mirano ad impedire definitivamente ogni manifestazione di dissenso (i blocchi stradali verrebbero sanzionati con pene detentive fino a 12 anni, per dirne una).

Tutto ciò amplifica il divario sociale tra le classi; riduce sempre più gli spazi di autonomia, che spesso si risolvono in patetiche contese tra gli ultimi per guadagnarsi l’ultima boccata d’aria; inasprisce la repressione contro quanti si oppongono concretamente, incarcerando decine di compagni, sottoponendoli a regimi sempre più vessatori e con restrizioni fortemente spersonalizzanti (come sono le sezioni AS2, il regime 41-BIS…). Proprio in questo ultimo mese le compagne e i compagni anarchiche/i prigionieri nelle carceri di mezza Italia stanno portando avanti, con grande coraggio uno sciopero della fame per la chiusura totale della disumana sezione AS2 de L’Aquila.

E’ tempo di arrestare questo tempo. Non possiamo continuare a pensare sia sufficiente un’opinione. La lotta di classe mai interrotta non può stare inerme nel soporifero silenzio delle coscienze. Il carattere latente che il potere statale permette alla dimensione della protesta coincide con quegli spazi, sempre più sterili e controllati, che ad essa vengono concessi: colorati flash-mob, lanciati da quel facebook che più di altri rappresenta il fallimento dell’uomo nel suo cammino d’emancipazione, manifestazioni patrocinate, presidi da marciapiede…

ALLA PROTESTA INNOCUA E CONCERTATA RISPONDIAMO CON L’AZIONE DIRETTA

CONTRO I FASCISTI – SERVI DELLA BORGHESIA

CONTRO LO STATO E LA PIOVRA CAPITALISTA CHE SFRUTTA, SACCHEGGIA E SCHIAVIZZA

Published by grimaldello

dall'aprile 2006, nel cuore del centro storico di genova LA NOSTRA POSIZIONE E' QUELLA DI COMBATTENTI TRA DUE MONDI: UNO CHE NON RICONOSCIAMO, L'ALTRO CHE NON ESISTE ANCORA. OCCORRE FAR PRECIPITARE IL LORO SCONTRO, AFFRETTARE LA FINE DI UN MONDO, CONTRIBUIRE ALLA CRISI IN CUI RICONOSCERE I NOSTRI AMICI. "IL GRIMALDELLO" E' PENSATO PER QUESTO, UNO SPAZIO DOVE PROVARE A SCARDINARE LA PASSIVITA' E L'ALIENAZIONE A CUI IL CAPITALISMO CI COSTRINGE NEL QUOTIDIANO.