Ciò che non combattiamo oggi lo pagheremo domani
Basta una parola: “coprifuoco”. Che gli Stati spaccino come sanitaria una misura che storicamente ha sempre indicato l’occupazione militare di un territorio, ci dice chiaramente in che epoca siamo entrati. Quando si devono abbattere – come sta succedendo in Danimarca – 16 milioni di visoni e spostare 280 mila persone che vivono nei dintorni degli allevamenti per fermare una forma di Covid-19 ancora più pericolosa, è giunto il momento di capire che un sistema produttivo in guerra con la natura non può che provocare malattie globali e altre sciagure. Quando, durante un’epidemia, i ricchi diventano ancora più ricchi e i poveri sempre più poveri, forse sta diventando più chiara a molti la violenza strutturale di questa società.
A questa violenza qualcuno cerca di rispondere. Perché vuole un mondo diverso, o semplicemente perché non ne può più di questo.
Solo in provincia di Modena, sono stati denunciati quattrocento operai della logistica e 120 sono sotto processo per i picchetti contro Italpizza. Per un picchetto, arma storica della classe salariata, oggi si rischia fino a dodici anni di carcere grazie ai “pacchetti sicurezza” varati dal governo Lega-5 Stelle.
In tutta Italia, trecento anarchici sono o saranno a breve alla sbarra per una serie di operazioni ordite dalle varie Procure.
In particolare, il 28 novembre prossimo comincerà, presso il tribunale di Treviso, il processo contro Juan Sorroche, compagno anarchico che è sempre stato al nostro fianco e al fianco di chiunque – in Trentino, in Valsusa o altrove – si è opposto alla devastazione ambientale e all’ingiustizia sociale. Prigioniero da un anno e mezzo nella sezione AS2 del carcere di Terni, Juan è accusato di un’azione contro la sede della Lega di Treviso avvenuta nell’agosto del 2018. Mentre i vertici di Autostrade per l’Italia si trovano agli arresti domiciliari per aver lasciato consapevolmente crollare un ponte piuttosto che spendere dei soldi nella sua manutenzione, il nostro compagno è accusato di “strage” (un reato potenzialmente da ergastolo) per un attacco esplosivo contro una sede del razzismo di Stato…
Questa società è una locomotiva lanciata senza freni verso il precipizio. Chi cerca di tirare il freno di emergenza, chi ne sabota la corsa, chi se la prende con il macchinista (invece che con chi non paga il biglietto in terza classe), è un nostro compagno, una nostra compagna.
Schiantarsi o insorgere. A noi la scelta.
SABATO 28 NOVEMBRE ALLE 9.00 AL TRIBUNALE DI TREVISO (Viale Giuseppe Verdi)
PRESIDIO SOLIDALE PER L’INIZIO DEL PROCESSO
compagne e compagni