SI FERMI IL TEMPO DELLA SOTTOMISSIONE
Genova, aprile 2017. Philippe, ragazzo minorenne quasi cieco, scappato dalla guerra civile in Costa D’Avorio, dove ha perso tutta la famiglia, viene massacrato di botte da 4 poliziotti, colpito da spray urticante e arrestato. Era appena sfuggito all’aggressione di due ubriachi italiani, ma si sa: se qualcuno chiama la polizia e c’è di mezzo un immigrato, sarà lui a farne le spese.
Uno di quei poliziotti ammazzerà in casa sua Jefferson, ventenne ecuadoriano padre di una bambina. La madre di Jefferson aveva chiamato aiuto perché il ragazzo era evidentemente troppo agitato per problemi personali. “Aiuto” che, per lo Stato, soprattutto quando si tratta di immigrati, si traduce in violenza. L’assassinio è stato premiato con nuova scintillante ed efferata dotazione: il taser. Lo specchietto per le allodole del Nazionalismo viene sfoderato appena le condizioni lo permettono.
E questa è solo una conseguenza del più generale odio razziale che si innesta, ad arte, su quello di classe. Qualcuno ha paura di perdere la proprietà (casa, oggetti da rubare…) o qualsiasi cosa percepisca come tale, chi non ha niente ha il terrore di perdere anche i due spiccioli di carità o il posto in dormitorio.
Non servono molte parole per sottolineare quanto sia necessario e urgente agire contro l’ondata reazionaria. Ai campi di concentramento, alla segregazione istituzionale e allo sfruttamento spinto fino alla semi-schiavitù, si accompagna uno stillicidio di aggressioni contro gli immigrati. Siamo ormai al tiro al bersaglio fomentato, legittimato, normalizzato. Difficilmente si potrebbe immaginare una più ignobile (quanto funzionale a padroni e governanti) parodia dello scontro di classe. È come se la rassegnazione e la sottomissione, con cui un’ampia parte della società ha accettato tre decenni di attacchi capitalistici, si raggrumasse nel rancore verso l’immigrato, delegando al ducetto di turno la maniera forte. Se nazionalismo e razzismo, vecchi ami avvelenati a cui sempre più sfruttati abboccano, non trovano in fretta decisi sbarramenti, infetteranno a lungo le anime morte prodotte da questa meravigliosa democrazia. Educati a pane e tolleranza verso l’intollerabile (tanto tutto è opinione, no?), eccoci qua.
I processi intentati contro donne e uomini che non vogliono accettare barriere, filo spinato, detenzione amministrativa, immigrati che muoiono in massa alle frontiere di terra o di mare, nei campi di concentramento, passano spesso sotto silenzio. La settimana scorsa c’è stata la prima udienza contro decine di manifestanti che si erano riuniti al Brennero il 7 maggio 2016 per l’iniziativa “Abbattere le frontiere”. A questo seguirà un altro troncone con altrettanti imputati accusati addirittura di devastazione e saccheggio. Intanto gli arrestati durante quello stesso corteo, che hanno già avuto il processo d’appello, si sono visti confermare la condanna a 1 anno e 2 mesi.
E noi? L’epoca che richiede alle minoranze ribelli quelle drastiche opzioni di cui parlava uno storico partigiano (Claudio Pavone) non è dietro, ma davanti a noi.
L’azione e la rabbia contro ciò e chi fomenta tutto questo potrebbe convergere nel tempo e diffondersi nello spazio.
Spazio di documentazione Il Grimaldello