FELICITA’ E “CONCORDIA”
Ed eccoci giunti a quello che potrebbe chiamarsi epilogo se non sapessimo che non è che l’inizio.
“Benvenuti alla felicità” è lo slogan della giornata pubblicitaria in cui Costa Crociere, puntando ad un ritorno di immagine che ne consolidi il prestigio moltiplicandone i guadagni, verrà incoronata dalla sua interessata corte di intrallazzoni pubblici e privati come sponsor padrone di Genova: felicità che ha ispirato ad istituzioni, commercianti, multinazionali ed associazioni di privati uno scivolo d’acqua di 340 metri per coprire l’intera via XX Settembre.
L’inquinarmatore Costa non solo privatizzerà sabato 7 luglio il centro cittadino, ma già minaccia di tornare a Genova con le sue meganavi per ultimare la demolizione delle banchine del porto già avviata da SMC Crociere.
Prima durante e dopo la celebrazione della Costa-All- Inclusive-Felicità migliaia di persone muoiono alla ricerca della felicità, anche se di una felicità meno spettacolare e più “normale”: muoiono sul lavoro, in mare, nell’alienazione delle periferie, nella miseria o vengono colpiti dalla repressione che, ultimamente, si arricchisce del provvedimento di allontanamento (DASPO urbano) per stranieri, sottoproletari, o semplicemente non allineati.
“Benvenuti”, quindi, ai turisti che pagano profumatamente per ritrovare quello che hanno appena lasciato a casa, gli stessi “comforts”, città uniformate, apparentemente senza storia e sicuramente con un identico futuro delle quali, in realtà, non si vuole conoscere nulla. Benvenuti a coloro che vivono per i saldi, le grande chiamate a concerti di dubbia qualità, a qualsiasi tipo di divertimento a comando con ruote e scivoli giganti, come sono giganti quelle navi che tengono i motori costantemente accesi davanti alle case, alle quali impediscono la vista del mare. Abitare in via Milano equivale ad affacciarsi sul panorama della “Diga” di Begato con orrendi palazzi galleggianti.
Ma la sicurezza non è più basata su certi indicatori di qualità della vita. E’ basata sul tenere fuori dalla vista le “zecche” che non si uniformano, gli immigrati, i poveri. Perché i poveri sì, il territorio lo conoscono bene, ci si sanno muovere sennò non potrebbero tirare a campare. Per questo devono essere sradicati dai territori che conoscono: il loro “sapere”, intimamente connesso al saper “fare”, diventa un pericolo per il potere.
Ai cosiddetti tempi dei romani le parole d’ordine erano panem et circenses, assieme a divide et impera. Le stesse parole d’ordine ai tempi del capitalismo moderno con le sue città vetrina che garantiscono un quarto d’ora da star dispensando felicità da saldi estivi, mega eventi, calciatori e modelle. Una felicità sicura e garantita, da proteggere armi in pugno.
Tra famelici asserviti, fulminei imprenditori, avidi borghesi, masse lobotomizzate e senza nerbo lo spettacolo va avanti lasciando, sottesi, la produzione e l’acquisto di armamenti e strumenti hi-tech di controllo.
Genova, tra le città-stato di polizia allestite dalla recente applicazione del decreto Minniti, ha anche l’onore di mostrare ciò che il capitale è ormai in grado di trasformare (merda in oro, appunto). Nonostante sia lontanissimo dai nostri pensieri e dalle nostre azioni il ricorrere alle Istituzioni, citare la recente sentenza della Corte di Cassazione che prevede la confisca dei conti della Lega per 49.000.000 di euro – soldi rastrellati a nostre spese gonfiando i bilanci del partito – è una licenza che ci prendiamo.
Ma sappiamo che chi non si sente rassicurato dalla presenza degli alberghi di lusso e dalle grandi navi, dalla città digitale e dai giga, chi non vuole lavarsi la coscienza con i taser che ammazzano un po’ meno, non ha altra scelta che riaffermare la propria forza contro questo
nuovo modello di territorio fatto del vuoto di tanti luoghi fotocopia. L’esclusione può e deve produrre intelligenza, fantasia e voglia di cercarsi ed organizzarsi.
i pirati della costa