Si avvia a conclusione, a Torino, il processo d’appello per l’operazione «Scripta Manent». Era il 6 settembre 2016, quando vennero arrestati/e otto anarchici/e con l’accusa di aver costituito o partecipato ad una «associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico», accusa di cui nel processo sono imputati circa una ventina di anarchici/e. In particolare le accuse sono di aver realizzato dal 2005 diverse azioni dirette e armate contro le forze dell’ordine (questori, caserme dei carabinieri ed allievi carabinieri, RIS), uomini di Stato (sindaci, ministro degli interni), giornalisti, ditte coinvolte nella ristrutturazione dei CIE ed un direttore di un centro di reclusione per migranti, rivendicate FAI e FAI-FRI (Federazione Anarchica Informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale). Inoltre, di aver scritto e redatto pubblicazioni anarchiche, tra cui una storica pubblicazione del movimento, “Croce Nera Anarchica”.
Ad aprile 2019, con la sentenza del processo di primo grado, i compagni Alessandro, Alfredo, Anna, Marco e Nicola sono stati condannati a pene tra i 5 e i 20 anni di reclusione, mentre altri 18 sono stati assolti e due tra questi scarcerati. Nel caso di Alfredo e Nicola, anni di prigionia che si vanno ad aggiungere alla precedente condanna per il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Un’azione realizzata a Genova il 7 maggio 2012 e rivendicata fieramente in tribunale dai due compagni durante il processo che è seguito al loro arresto avvenuto nel settembre dello stesso anno.
L’inchiesta «Scripta Manent», diretta dal pubblico ministero Roberto Sparagna, cerca di reinterpretare le diverse visioni teoriche nel movimento anarchico, e in maniera strumentale, schematizzarle a fini repressivi in presunte «aree» e relativi «esponenti», differenziando fra anarchici cattivi e pericolosi ed anarchici buoni, tentando di isolare i compagni con lo scopo di poterli seppellire sotto anni di galera e regimi speciali di detenzione.
Tonnellate di cemento su di loro e soprattutto – sperano servi dello Stato, inquisitori e giudici – sulle pratiche di cui sono accusati. Azioni che hanno saputo portare avanti continuità nella lotta e rompere la pacificazione sociale degli ultimi vent’anni, sostenendo senza mezzi termini un conflitto radicale contro il potere, contro lo Stato, le sue istituzioni, le sue carceri e i suoi carcerieri, contro governanti, potenti e padroni che – oggi come ieri – non hanno certo smesso i propri panni e il proprio lavoro: opprimere, sfruttare, dominare, soggiogare, sottomettere, ammazzare in nome dell’ordine, del profitto, della patria, degli interessi di sempre.
Qualcuno ha pagato il genocidio del nucleare, qualcuno ha pagato le incursioni militari e di guerra nei propri territori depredati per le risorse, qualcuno ha pagato la violenza istituzionale dello Stato e della polizia, qualcuno ha pagato la segregazione nei CIE e nelle carceri.
Le pratiche e le metodologie rivoluzionarie che hanno risposto al genocidio del nucleare, alla guerra e al militarismo, alla depredazione delle risorse dei territori, alla violenza istituzionale dello Stato e della polizia, alla segregazione delle carceri e dei lager detti CIE, per cui sono imputati i compagni a Torino sono anche le nostre. Le difendiamo fermamente perché esse, in quanto bagliori di libertà in un mondo di sottomissione, colpiscono i responsabili della nostra condizione di sfruttati, di oppressi, e danno la possibilità di riflettere criticamente e radicalmente sulla natura dell’oppressione stessa, prefigurando il sogno e l’ideale per il quale lottiamo.
Esattamente allo stesso modo, per le stesse ragioni, sentiamo nostra l’azione di cui è accusato Juan, un attacco contro una sede della Lega Nord a Treviso nell’agosto 2018, il cui processo inizierà a Treviso a novembre di quest’anno. Dedichiamo un pensiero di rabbia e affetto per questo compagno che, fino all’arresto avvenuto a maggio 2019, ha saputo sottrarsi per alcuni anni al controllo asfissiante cui siamo sottoposti nell’attuale ordine sociale, che disertando
il percorso imposto dal potere, quindi affermando risolutamente la propria determinazione e autonomia individuale, ha saputo intraprendere sentieri non tracciati di libertà.
Ribadiamo che le diversità, la pluralità, i dibattiti e finanche le polemiche sono, da sempre, tra le grandi ricchezze del movimento anarchico e dell’anarchismo in generale. Riaffermiamo che le pratiche di cui sono accusati i nostri compagni sono una viva e insopprimibile espressione della lotta contro l’autorità, una parte integrante delle esperienze e delle lotte del movimento rivoluzionario. Oggi come ieri, solidarizziamo apertamente con gli imputati dell’operazione «Scripta Manent», con Juan, e anche con Flavia, Francesca, Nico, Roberto, Claudio e Carla, prigionieri/e delle ultime operazioni repressive.
In questa giornata salutiamo anche Beppe e Natascia, in carcere da più di un anno, accusati di aver praticato la solidarietà rivoluzionaria con i prigionieri e gli oppressi. A loro va tutto il nostro sostegno, così come a tutti gli/le anarchici/e e i/le rivoluzionari/e imprigionati/e nelle carceri dello Stato in Italia e nel mondo.
Rompere l’isolamento!
ANARCHICI, ANARCHICHE E SOLIDALI